Giallo – e molta confusione – sulle pensioni di reversibilità, quelle che spettano al coniuge o agli eredi alla morte del pensionato o del lavoratore che ha versato i contributi. A febbraio, avevano denunciato i sindacati dei pensionati, in uno dei decreti della delega legislativa sulla povertà era stato previsto un taglio per questa prestazione.
Il premier Renzi aveva smentito. Ieri il presidente della Commissione Lavoro della Camera Cesare Damiano ha scoperto un nuovo riferimento all’interno del Documento di Economia e Finanza appena presentato dal governo. In serata, il ministro del Lavoro Giuliano Poletti ha fatto capire che è stato un errore tecnico. E ha dichiarato che «come ho già detto in Parlamento, c’è l’impegno del governo a correggere il testo della delega legislativa sulla povertà per chiare fuori da ogni equivoco che le pensioni di reversibilità non saranno toccate».
Chissà se tanta incertezza e tanti stop and go in realtà non nascondano una guerra all’interno del governo tra chi lo vuole effettivamente, il giro di vite sulle pensioni di reversibilità, e chi invece non ne vuole sapere. Ma la parola fine a questa telenovela arriverà solamente quando il governo modificherà effettivamente (o lascerà inalterata) la norma contenuta nel provvedimento per la lotta alla povertà.
Il testo – essendo una delega legislativa, che dovrà essere dettagliata proprio dall’Esecutivo – è un po’ vago, ma si capisce che allo scopo di far cassa le pensioni di reversibilità potrebbero diventare «prestazione assistenziale», e che per poterne beneficiare in futuro bisognerà non superare certi parametri economici. Già oggi è così. Ma il governo o una sua parte intende ancorare la reversibilità (ma anche assegno sociale, integrazione al minimo, maggiorazione sociale del minimo, assegno per il nucleo con tre figli minori) al reddito calcolato con il meccanismo dell’Isee, che tiene conto anche di eventuali patrimoni finanziari e immobiliari. In altre parole, la vedova casalinga per una vita – ma cui il coniuge ha lasciato in eredità qualche immobile e dei Btp – rischia di dover dire addio all’assegno. Inoltre nell’articolato della delega due volte si parla di «razionalizzazione delle prestazioni», termine che di norma si traduce in «tagli». E infine, finora la pensione di reversibilità era appunto una misura «previdenziale», dovuta perché costruita con i contributi versati dal lavoratore nel corso degli anni. Con la riforma diventerebbe «assistenziale», e correlata ai mezzi di cui dispone il beneficiario.
A suo tempo lo stesso Matteo Renzi aveva smentito ogni intervento, ma ieri leggendo il testo del Documento di Economia e Finanza il presidente della Commissione Lavoro di Montecitorio aveva trovato un riferimento abbastanza chiaro alla reversibilità. Nel capitolo “Contrasto alla povertà e welfare“, a un certo punto si legge infatti che la riforma delle reversibilità in arrivo «razionalizza le prestazioni di natura assistenziale e quelle di natura previdenziale introducendo il principio di “universalismo selettivo”». «Non va bene – ha dichiarato Damiano – il permanere di un riferimento alla razionalizzazione degli interventi anche di natura previdenziale. Noi cancelleremo, con un emendamento, il testo della delega sulla povertà che allude ad un intervento sulle pensioni di reversibilità. E lo faremo, a questo punto, anche per il Def». Proteste anche dai sindacati dei pensionati: «Ci hanno dato dei visionari, ci hanno detto che era tutta una balla – tuona il leader dello Spi-Cgil Ivan Pedretti – e invece il governo anche nel Def a quanto pare conferma l’intenzione di voler intervenire sulle pensioni di reversibilità. Abbiamo fatto bene a non credere alle smentite e a pretendere lo stralcio della norma dal ddl sulla povertà. Il 19 maggio riempiremo piazza del Popolo a Roma di pensionati anche per chiedere a gran voce che queste pensioni non siano toccate, né quelle in essere né quelle future». Ma in serata arriva la precisazione (definitiva?) del ministro Poletti.