Ecomafie, i reati ambientali valgono 258 miliardi

Il fatturato delle ecomafie cresce in tutto il mondo, più veloce del Pil planetario. Nel 2016 si calcola che arriverà a 258 miliardi di dollari, con un aumento del 26% rispetto al 2014.
Nell’ultimo decennio i ricavi dai reati ambientali sono cresciuti in media del 5-7% ogni anno, più del Prodotto interno lordo globale. Oramai i crimini contro l’ambiente sono la quarta attività illecita al mondo per fatturato, dopo droga, contraffazione e traffico di esseri umani.
I conti in tasca alle ecomafie li ha fatti un rapporto congiunto dell’agenzia dell’Onu per l’ecologia, l’Unep, e dell’Interpol, diffuso in occasione della Giornata mondiale dell’ambiente. Già il titolo la dice lunga: «L’ascesa del crimine ambientale». Questi reati comprendono traffico di specie selvatiche, taglio illegale di boschi, contrabbando di oro e altri minerali, pesca di frodo, traffico di rifiuti, frodi sui crediti di carbonio.
«IL MONDO MENO SICURO». Per il direttore esecutivo dell’Unep, Achim Steiner, «le forti somme di denaro generate da questi crimini mantengono in affari bande sofisticate e alimentano l’insicurezza nel mondo. Il risultato non è solo devastante per l’ambiente e le economie locali, ma per tutti quelli che sono minacciati da queste imprese criminali. Il mondo deve unirsi per adottare una forte azione nazionale ed internazionale per porre fine ai reati ambientali».
I GOVERNI DEVONO AGIRE. Il rapporto Unep-Interpol raccomanda ai governi azioni, norme e sanzioni decise (comprese misure per demolire i paradisi fiscali), aumento dei fondi per il contrasto, incentivi e sostegni economici per dare alternative alle popolazioni che traggono sostentamento da questi reati.

Di crimini ambientali ha parlato lunedì anche il ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, alla celebrazione per i trent’anni del suo Ministero, alla presenza del presidente Mattarella: «Le ecomafie, criminalità organizzata che aggredisce e avvelena per i suoi affari illeciti il territorio, sono un massacro di natura e una minaccia per la salute pubblica, come sanno gli abitanti della cosiddetta ‘Terra dei fuochi’, a cui dobbiamo la difesa dalle cosche e la bonifica della loro terra».
IN ITALIA PRESO DI MIRA IL TRAFFICO DI RIFIUTI. In Italia le pene sono state inasprite con la legge n°122 del 22 maggio 2015, in materia di riforma dei reati ambientali con l’obiettivo di garantire un netto salto di qualità nella protezione della salute e dei beni naturali. Data la natura dei crimini di tipo ambientale nella Penisola, quasi sempre legati al traffico di rifiuti, ad essere tenuti in considerazione sono stati quei reati che danneggiano il suolo pubblico.
Secondo Greenpeace, in Italia il 2014 si è chiuso con un bilancio pesante: 29.293 reati accertati, circa 80 al giorno, poco meno di 4 ogni ora, per un fatturato criminale che è cresciuto di 7 miliardi rispetto all’anno precedente raggiungendo la cifra di 22 miliardi, cui ha contribuito in maniera eclatante il settore dell’agroalimentare.
PENE DAI 2 AI 15 ANNI. Il provvedimento ha introdotto nel codice penale un nuovo titolo dedicato ai “Delitti contro l’ambiente”, all’interno del quale sono previste le nuove fattispecie di: inquinamento ambientale; disastro ambientale; traffico ed abbandono di materiale radioattivo; impedimento di controllo; omessa bonifica.
Inquinamento ambientale e disastro ambientale risultano puniti rispettivamente con pene detentive che vanno da un minimo di 2 ad un massimo di 15 anni. Prevista inoltre la pena accessoria della incapacità di contrattare con lo Stato per le fattispecie di: inquinamento ambientale, disastro ambientale, traffico ed abbandono di materiale radioattivo, impedimento di controllo e traffico illecito di rifiuti (quest’ultimo già previsto all’interno del Codice dell’Ambiente).

Da lettera43.it

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