16/07/2016 – “Cultura e arte sono il nostro petrolio”. Oppure: “L’Italia da sola possiede oltre la metà dei beni culturali del mondo”. Saranno vent’anni che è invalsa tra i nostri governanti, senza reali differenze in base al colore politico, l’abitudine di suonare le fanfare della propaganda più banale preannunciando in materia chissà quali svolte finalmente in arrivo. Ma sempre i fatti non tengono dietro all’enfasi delle parole. Nel campo della cultura (che poi tutto è meno che un universo omogeneo e bisognerebbe fare le dovute distinzioni) ci troviamo sempre nella parte bassa della classifica e per alcune voci siamo prossimi alla retrocessione dal campionato europeo.
“La cultura è il nuovo orizzonte del lavoro. Darà un’occupazione crescente e sarà decisiva per uscire dal tunnel della crisi globale”. Quanti proclami ai convegni. Quante promesse non mantenute alla prova dei numeri. Lo certifica il rapporto Eurostat basato sui dati del 2014. L’Italia con 602mila addetti si colloca solo al quarto posto nell’Unione e, rispetto al totale degli occupati, costoro rappresentano appena il 2,7 per cento, un paio di decimali al di sotto della media dei 28 Paesi, di cui 20 presentano cifre migliori delle nostre.
Per pescare qualche altra tabella negativa, di quei 602mila italiani che inventano o producono cultura il 43 per cento è laureato (la media europea è al 60) e il 62 per cento ha un rapporto di lavoro autonomo, cioè perlopiù altalenante, precario. Già sapevamo di esserci posizionati al penultimo posto (sopra alla Grecia) per quota di spesa pubblica dedicata, ora le statistiche squarciano un’altra illusione. No, non si trovano mai i fondi per investire davvero nei saperi, nell’istruzione, nell’alta formazione, nella tutela e nella gestione dei beni e delle attività culturali e il coinvolgimento del privato o non decolla o svilisce in operazioni di pura facciata.
Il patrimonio straordinario che secoli di storia e artisti di ogni talento ci hanno consegnato non riesce a diventare una risorsa comune, una leva per la crescita sostenibile, una grande questione nazionale. Altro che petrolio.
di Marco Sappino