28/02/2019 – Abbiamo appreso, da un comunicato sindacale e da alcuni articoli pubblicati dalla stampa, delle forti preoccupazioni, espresse dalla FIM e dalla UILM e dalla Confindustria, in merito al futuro professionale di Giuseppe Bono, attuale amministratore delegato della Fincantieri. Si tratta di una vera e propria alzata di scudi a difesa di Giuseppe Bono che, stante ad alcune indiscrezioni rese note la scorsa settimana dal “Fatto quotidiano”, potrebbe essere avvicendato, per decisione del governo, alla guida del gruppo Fincantieri. Come FIOM, abbiamo deciso di non unirci a queste “grida”, preventive, di dolore per l’eventuale sostituzione dell’attuale amministratore delegato, consapevoli che non sia compito del sindacato indicare o scegliere l’amministratore delegato di Fincantieri, né di qualsiasi altra azienda. Non lo facciamo, inoltre, anche per una valutazione differente dei risultati industriali e della gestione del gruppo e dei cantieri, compreso quello di Ancona. Non è tutto oro quel ciò che luccica e ciò che appare non sempre, quasi mai nei cantieri, rappresenta la realtà concreta che riguarda la condizione di vita e di lavoro di migliaia e migliaia di lavoratori del gruppo, diretti e degli appalti. Come non ricordare, ad esempio, che quattro anni fa proprio l’attuale amministratore delegato di Fincantieri, facendo leva anche sulle divisioni sindacali, decise di intervenire pesantemente sulla contrattazione disdettando tutti gli accordi integrativi aziendali concordati con il sindacato e pretendendo di ridurre il salario fisso dei lavoratori, di aumentare quello variabile e di allargare le quote di welfare contrattuale per sostituire i premi fissi precedentemente erogati ad operai, tecnici ed impiegati. Se la si vuole, invece, vedere sul piano industriale e produttivo ad Ancona, come in tutti gli altri cantieri del gruppo, la costruzione della nave è ormai quasi totalmente appaltata a ditte terze ma anche a cantieri rumeni croati. Siamo in una condizione di una percentuale di 1 lavoratore Fincantieri contro 5 degli appalti. Ed è proprio il ricorso sfrenato all’appalto e al sub appalto, la forsennata riduzione dei costi a partire da quello del lavoro che ha caratterizzato la gestione del gruppo da parte di Giuseppe Bono e del management Fincantieri, che ha peggiorato le condizione di lavoro, cancellato i diritti, aumentato gli orari di lavoro, ridotto gli standard salute e sicurezza, ma anche aumentato l’illegalità, il lavoro nero, l’evasione fiscale e contributiva, come anche le recenti cronache giudiziarie e gli interventi della magistratura stanno evidenziando in questi mesi. Ma di tutto questo, della progressiva perdita della capacità industriale del cantiere, dell’assenza di investimenti produttivi e del contestuale aumento dello sfruttamento dei lavoratori, del degrado del sistema degli appalti e delle “paghe globali, illegali, con cui vengono retribuiti migliaia di lavoratori delle ditte, Confindustria sembra non se ne sia accorta.