Sharon, Victoria, Roberta, Teodora, Sonia, Ilenia, Piera, Luljeta, Lidia, Clara, Deborah, Rossella, Edith, Ornella, Carolina, Lorenza.
Sono i nomi delle 16 donne uccise nel nostro Paese dall’inizio del 2021.
Numeri che palesemente sono il sintomo di un problema sociale e culturale molto più ampio e trasversale.
Numeri simili a quelli dell’anno passato, quando la pandemia e la conseguente convivenza forzata hanno determinato un incremento delle denunce per violenza domestica a livello mondiale.
A livello globale 1 donna su 3 ha subito forme di violenza, soprattutto tra le mura domestiche.
Secondo i dati ISTAT, nel nostro Paese le richieste di aiuto al 1522, il numero messo a disposizione dal Dipartimento delle Pari Opportunità per sostenere ed aiutare le vittime di violenza, sono aumentate del 73% durante il lockdown di marzo e aprile del 2020 .
Il rapporto EURES conferma che con la pandemia le vittime di violenza nel 2020, per mano di partner o ex, sono state l’11% in più rispetto all’anno precedente.
Non a caso l’Agenzia delle Nazioni Unite per l’uguaglianza di genere ha definito “pandemia ombra” l’intensificarsi degli abusi fisici e psicologigi sulle donne all’interno delle mura domestiche durante il lockdown.
E questi dati sono ancora più allarmanti se confrontati con quelli relativi agli omicidi volontari che nell’anno della pandemia sono scesi ai minimi storici.
Sempre da un’indagine ISTAT risulta che i femminicidi, nel primo semestre del 2020, sono stati il 45% del totale degli omicidi con un picco del 50% durante il lockdown di marzo e aprile.
Dati a dir poco allarmanti sui quali tutti siamo chiamati a riflettere su come estirpare una piaga sociale e culturale che non accenna a fermarsi.
Ma non è solo all’interno delle mura domestiche che si esercita la violenza sulle donne; le cronache e le statistiche confermano che in tutti i contesti in cui si articola il nostro vivere quotidiano ( familiare, sociale, politico, lavorativo) ci sono donne che subiscono forme differenti di violenza.
La violenza, infatti, può essere multiforme.
Non c’è solo la violenza fisica che arriva fino alle sue forme più estreme, ma anche una violenza più subdola e strisciante come quella che si manifesta nel ricatto, nello svilimento, nell’umiliazione e nelle varie forme di molestia.
Come pure è violenza su violenza l’utilizzo di certi linguaggi che, paradossalmente, rovesciano i ruoli condannando le vittime ad essere colpevoli.
La CGIL è da sempre impegnata a contrastare la violenza e le molestie all’interno dei luoghi di lavoro che, al contrario, devono essere scevri da qualsivoglia azione violenta o molesta.
La pandemia ha colpito fortemente il lavoro, soprattutto il lavoro delle donne che hanno pagato e stanno pagando il prezzo più alto.
La mancanza di lavoro, la perdita del lavoro o la rinuncia allo stesso, il ricorso, sempre più frequente, da parte delle donne, al part – time involontario, il gap ancora troppo elevato nelle retribuzioni e nell’accesso alle carriere sono forme di violenza economica che limitano fortemente la libertà delle donne esponendole ancora di più al controllo e ad atti di potere e di ricatto dentro e fuori i luoghi di lavoro.
Per contrastare questi fenomeni l’impegno del sindacato, della CGIL, è costante e prioritario e va agito, innanzitutto, nei luoghi della contrattazione a vari livelli e nell’ambito della formazione.
La strada da fare è ancora lunga e tortuosa, come dimostrano i dati. È necessario realizzare una vera propria rivoluzione culturale che renda ognuno più consapevole che la violenza sulle donne è una sconfitta per tutti.
E’ grazie alle lotte e alla mobilitazione di tante donne se oggi abbiamo conquistato convezioni ed accordi importanti, ma non basta!!!
E’ necessario che quegli accordi e quelle convenzioni vengano applicate concretamente ed è anche compito del sindacato renderle parte integrante della propria azione.
#”NONC’E’ALCUNAFORMADIVIOLENZACHEPOSSALEGITTIMARSI!!! MAI!!!
#QUELLOCHELEDONNEVOGLIONO
# STOPALLAVIOLENZA