21/06/2021 – Appalti Fincantieri: una storia vecchia di anni. L’ultima vicenda, che ha visto protagonisti un operaio bengalese e il suo diretto superiore, con l’operaio malmenato e tuttora in coma all’ospedale, conferma una situazione ormai diventata insostenibile.
Solo ad Ancona si contano oltre 150 ditte in appalto e subappalto, per un totale di oltre 3500 dipendenti, a fronte di 670 dipendenti diretti (più impiegati che operai) dell’azienda. Un contesto che rischia di essere sempre più problematico, se non si decide d’intervenire: nel capoluogo come negli altri cantieri, a partire da Venezia.
Analizzando le singole questioni, sinora, la Fiom, che è il sindacato maggioritario all’interno dello stabilimento dorico, è a conoscenza che fenomeni assimilabili al caporalato sono tuttora molto presenti. Riguardano soprattutto i lavoratori del Bangladesh e sono molte le segnalazioni ricevute dai lavoratori stessi, che però hanno timore a sporgere denuncia; esiste poi un sistema di “paghe globali” al limite della legalità,che produce percentuali elevate di evasione fiscale e contributiva, aggirando così le regole dei contratti nazionali.
La Fiom Cgil di Ancona ha presentato, nel 2015, 2017 e 2018, vari esposti alla magistratura e agli altri organi competenti per sostenere il rispetto delle regole contrattuali e normative: si va dal trattamento economico all’osservanza di orari e norme di sicurezza.
Anche da qui, nel tempo, ha preso il via l’apertura di fascicoli giudiziari e l’avvio delle relative inchieste.
Secondo la Cgil, però, quanto è emerso fino ad oggi, non è che la punta dell’iceberg ed è necessario intervenire in modo coerente e incisivo, a fronte di una crescita degli appalti ormai incontrollabile. Servono maggiori controlli e, ancor più, servono norme più incisive e adeguate; parlando di un’azienda a proprietà pubblica, servono anche volontà politiche e indicazioni coerenti con il principio base del rispetto della legalità e della dignità dei lavoratori.
Il lavoro nella cantieristica pubblica è un elemento di ricchezza per il territorio, che deve trovare riscontro in politiche di accoglienza ad hoc per gli stranieri che si trasferiscono con le loro famiglie, e deve essere oggetto di una progettazione più ampia anche in termini formativi e di tutela minima del lavoro. Non è possibile, tanto per capirsi, che, a differenza dei loro colleghi alle dirette dipendenze Fincantieri, i lavoratori degli appalti non sappiano dove cambiarsi d’abito, dove mangiare, dove risolvere le proprie necessità, né siano oggetto di una pianificazione condivisa del trasporto locale. Gli enti locali non sono assenti ma le aziende sì; è così che che sia in estate sia in inverno, si continua ad assistere a frotte di lavoratori che assolvono alle proprie necessità in giro per il porto. L’azione sindacale ha prodotto di recente un Protocollo nazionale con Fincantieri su questi temi che, seppure lontano dal dare le risposte necessarie, può essere una prima base di lavoro. Su questa piattaforma, Cgil e Fiom chiedono si agisca subito.
La vicenda Fincantieri è un punto di massima evidenza per leggere il fenomeno degli appalti in Italia e sarà bene che, sull’onda delle scelte che si stanno improntando per il PNRR, anche il resto del lavoro in affidamento venga sottoposto ad una profonda rilettura delle regole, in nome del principio “eguale lavoro, eguale trattamento” e della piena responsabilizzazione della committenza.
In un’azienda a partecipazione statale dove si costruiscono le navi più belle del mondo, è inaccettabile che si verifichino tali situazioni e per questo CGIL e FIOM si sentiranno sempre chiamati a difendere la dignità dei lavoratori nel rispetto delle regole.